Fondi UE 2020. Su Ricerca & Innovazione serve un cambiamento di prospettiva
A PMI e startup servono finanziamenti e contributi. Eppure, ci sono 38 miliardi di euro di risorse complessive UE da spendere entro il 2020.
I Fondi Europei sono una opportunità sostanziosa per imprese e startup per far crescere competitività e innovazione, tramite l’accesso a contributi a fondo perduto e i finanziamenti agevolati messi a disposizione dai Programmi europei.
Il tema è quello dei 51 Programmi Operativi (PO) cofinanziati dai Fondi UE FESR e FSE del ciclo 2014-2020,
Da qualche giorno, sono disponibili i dati relativi alla certificazione delle spese sostenute dall’Italia e la relativa domanda di rimborso alla Commissione europea.
Ovvero, in che misura questi Fondi sono effettivamente entrati nel circuito dell’economia italiana?
La spesa certificata dei Fondi UE al 31 dicembre 2019
Il primo elemento da evidenziare è che il 2019 ci ha visto performare meglio.
Dagli ultimi dati condivisi dall’Agenzia per la coesione territoriale, i risultati raggiunti nel 2019 in fatto di spesa hanno consentito di superare le soglie previste al 31 dicembre 2019 per tutti i PO.
La spesa complessivamente certificata dall’Italia di 15,2 miliardi di euro ha evidenziato infatti un incremento di 5,4 miliardi di euro rispetto ai 9,7 miliardi di euro certificati al 31 dicembre 2018.
Ma c’è un secondo punto da evidenziare e cioè che il 2020 sarà tutto in salita se non cambiamo qualcosa nella capacità del Paese di assorbire le risorse UE stanziate. E ciò vale in primo luogo per le risorse assegnate al capitolo Ricerca e Innovazione.
Gli obiettivi del 2020: 38 miliardi i Fondi ancora non spesi
L’analisi delle cifre sulle risorse complessive programmate per i 51 PO cofinanziati dal FESR e dal FSE dell’intero ciclo 2014-2020 ci racconta altro. Dei 53,2 miliardi di euro previsti, ne rimangono ancora da spendere 38 miliardi di euro. La scadenza è il 2020 e siamo ancora fermi al 28,53% di capacità di assorbimento delle risorse messe a disposizione.
Va ricordato che la clausola “N+3” prevede il disimpegno automatico delle risorse non spese entro tre anni dall’iscrizione sul bilancio comunitario.
Segnali positivi: le regioni virtuose nella spesa dei Fondi UE
È vero che ci sono programmi che hanno raggiunto e superato il 40% di spesa del quinquennio. Come l’Iniziativa Occupazione Giovani, il Programma operativo nazionale (PON) attraverso il quale viene attuata in Italia l’iniziativa Garanzia Giovani, gestito da Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Abbiamo estrapolato le performance delle Regioni più virtuose, nessuna di esse ha però superato il 50% della spesa delle risorse complessivamente previste. Tra queste:
- il Por Piemonte FSE (49.96% speso, restano da spendere oltre € 436 mln)
- il Fesr Emilia-Romagna (43.32% restano da spendere più di € 273 mln)
- FSE Lombardia (40.75% speso, restano da spendere oltre € 575 mln)
- Il Fesr Toscana (40.24%, restano da spendere oltre € 463 mln)
- Tra i primi dieci programmi, si posiziona il Por Fesr della Basilicata, prima regione del Mezzogiorno, con una spesa certificata al 31/12/2019 di € 74.471.799 sui € 289.624.168 di risorse totali stanziate.
Naturalmente a incidere sull’avanzamento dei progetti ci sono vari fattori come:
- l’articolazione dei Fondi (ognuno con propri regolamenti)
- l’eterogeneità delle materie trattate (e dei fabbisogni connessi)
- l’articolazione dei target (amministrazioni pubbliche, imprese, individui a rischio di esclusione, ecc.).
Ricerca e Innovazione: l’Italia resta indietro.
A preoccupare è soprattutto la lentezza di avanzamento di spesa di programmi strutturali per la crescita del Paese. Ci riferiamo in particolare alle azioni per il rafforzamento della competitività delle imprese ed il sostegno a ricerca e innovazione.
Le risorse assegnate sono rilevanti ma quelle effettivamente spese su tali iniziative sono scarse. Alcuni dati chiariranno il quadro.
- Il Programma Operativo Nazionale (PON) Imprese e Competitività 2014-2020, inizialmente dedicato al Mezzogiorno, ha visto un significativo incremento della dotazione finanziaria. Le risorse previste sono complessivamente € 3.278 mln di euro (di cui € 2.341 mln FESR e € 937,5 mln di cofinanziamento nazionale). Il programma è stato inoltre esteso anche al Centro-Nord. Al 31 dicembre 2019 le spese certificate per questo PON si fermano però a 628.703.417, il 20% delle risorse.
- Per il PON Ricerca e Innovazione, le risorse programmate superano il miliardo, ma le risorse effettivamente certificate al 31/12/2019 si sono fermate ad appena 318.092.16, 26.74%. Restano da spendere oltre 870 mln di euro.
- Il Programma operativo nazionale Iniziativa PMI 2014-2020 FESR finalizzato a promuovere il consolidamento e lo sviluppo delle PMI nelle otto regioni del Mezzogiorno attraverso la concessione di nuovi finanziamenti a tasso agevolato ha operato al 26% delle sue possibilità. La spesa certificata è di € 82.435.625 su € 322.500.000 delle risorse previste fino al 2020.
A livello regionale, sono esempi di successo le iniziative virtuose come il bando della Regione Emilia Romagna dedicato alle startup innovative o l’iniziativa Intraprendo della Regione Lombardia per la nascita di nuove imprese.
Queste esperienze positive indicano cioè con certezza di dati che investire nell’innovazione e nella competitività delle imprese è possibile.
Le risorse dedicate a tali iniziative sono state sostanzialmente già spese integralmente o evidenziano comunque un elevato livello di avanzamento. Inoltre tali risorse attivano processi virtuosi e nuovi posti di lavoro.
Fondi UE 2020 R&I: gli ostacoli per l’Italia (e per le imprese)
Eppure, le problematiche che ci accingiamo ad affrontare saranno le medesime anche nel 2020, perciò è su quelle dovremmo agire.
Il 2020, in particolare, si configura come una milestone decisiva per valutare l’efficacia e le problematiche connesse all’attuale ciclo di programmazione.
Infatti, a 5 anni dall’avvio dell’attuale ciclo di programmazione e nonostante il consistente avanzamento delle operazioni e delle erogazioni, prevedere il completamento effettivo delle singole operazioni e la liquidazione delle ultime tranches di pagamento nel triennio successivo 2021-2023 è forse troppo ottimistico.
La scadenza del 2023 è infatti una sorta di verifica finale, in applicazione della regola “N+3”, ovvero della possibilità di presentare richieste di rimborso alla Commissione entro 3 anni dalla fine della Programmazione, vale a dire il 31 dicembre 2023, pena il disimpegno automatico degli importi non spesi in tempo utile.
È un traguardo che dobbiamo invece considerare essenziale. Questo triennio si sovrappone infatti temporalmente all’avvio di un nuovo ciclo (2021 – 2027) da costruire integralmente, con nuove sfide per i Paesi Europei. Ne deriverebbe, dunque, l’esigenza di un impegno concreto e deciso di ogni Paese Membro.
L’affannosa rincorsa al raggiungimento del target di spesa minima limita sensibilmente l’apporto del Bel Paese alla nascita del nuovo periodo, rischiando di compromettere già in partenza le prospettive di sviluppo future.
Ciò non può che dipendere dal superamento di limiti strutturali su cui è urgente intervenire.
1. Frammentazione dei programmi e Meccanismi troppo complessi
L’indirizzo politico-strategico è spesso carente ed ulteriormente acuito dall’instabilità del Paese e dalla riluttanza a concentrare le risorse a disposizione su un set definito di priorità, con la conseguente frammentazione di programmi (75 in Italia) e progetti.
Il percorso programmatico, particolarmente macchinoso e costantemente rimesso in discussione (con riprogrammazioni sostanziali che richiedono iter autorizzativi complessi) comprime sensibilmente le tempistiche attuative.
In alcuni contesti sono stati definiti meccanismi di partecipazione e selezione talmente complessi che hanno bloccato l’aggiudicazione e l’avvio dei progetti. In più di un caso, alle startup partecipanti è stato fornito un riscontro anche dopo oltre 12 mesi. Purtroppo nel frattempo alcune di loro erano fallite. Tutto ciò rappresenta un pericoloso paradosso per le strategie di investimento del Paese e per le prospettive future di crescita.
Un quadro regolamentare, complesso e, spesso, contraddittorio nelle sue varie declinazioni (dal livello europeo al regionale) moltiplica i contenziosi nelle procedure pubbliche procrastinando l’avvio delle operazioni
La diffusione di modelli attuativi testati con successo può, dunque, rappresentare, dal punto di vista delle Amministrazioni Pubbliche, un prezioso supporto per rilanciare l’avanzamento delle operazioni. Soprattutto in settori come quello della ricerca e dell’innovazione, strategici per il Paese e per il completamento del ciclo di programmazione.
2. Insufficiente Know-how delle Amministrazioni
Il know-how presente nelle Amministrazioni responsabili è del resto insufficiente per gestire in autonomia programmi e progetti, con il conseguente ricorso all’esternalizzazione di funzioni e alla moltiplicazione dei servizi di assistenza.
In più, l’articolazione di ruoli e responsabilità, frammentati in un numero eccessivo di strutture e soggetti competenti e scarsamente raccordati, a cui si aggiunge il diffuso timore delle responsabilità amministrative che gravano sugli amministratori, bloccano la macchina amministrativa.
3. Scarsa conoscenza degli strumenti della Finanza Agevolata da parte di beneficiari e destinatari
C’è bisogno anche di una maggiore consapevolezza nei beneficiari e nei destinatari finali hanno una conoscenza limitata delle opportunità esistenti.
Dovrebbero fare leva sulla rete di competenze professionali esistenti nel campo della finanza agevolata e del venture capital, per contrastare il disorientamento e la diffidenza delle imprese ad investire in innovazione. Con un adeguato supporto, infatti, investire consapevolmente nell’innovazione significa non solo attrarre nell’immediato risorse pubbliche, ma porre le basi per intraprendere percorsi di crescita virtuosi, moltiplicando le opportunità di business.
In questo contesto, anche le procedure previste per il monitoraggio e la valutazione delle perfomance attuative vengono espletate come puri adempimenti senza rafforzare la consapevolezza sui problemi esistenti e sulle possibili soluzioni da attivare tempestivamente.
Fimap ha strutturato un’offerta di servizi pensata per startup e pmi innovative che devono rispondere al paradigma più attuale della digital transformation, e alla costante necessità di finanziare innovazione, ricerca e digitalizzazione, nuovi macchinari o aggiornamenti dei modelli organizzativi aziendali.
Vuoi saperne di più?