Open Innovation: che cos’è e come realizzarla con startup e grandi imprese
Quale è la definizione di open innovation? Perchè è la soluzione ideale sia per startup innovative che per grandi imprese? Come si realizza un modello sostenibile che tenga presente le esigenze di tutela della proprietà intellettuale? Ne parliamo con Giuseppe Lorizzo, Ceo e Founder di FIMAP

Che cos’è l’Open Innovation
Una definizione di Open Innovation è stata elaborato nel 2003 da Henry Chesbrough, professore e direttore dell’esecutivo del Garwood Center for Corporate Innovation presso la Haas School of Business dell’Università di Berkeley, in California. Nel suo saggio dal titolo “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology” (Harvard Business School Press, Boston, 2003), Chesbrough elabora un’interessante indagine sul processo di innovazione e sull’evoluzione da esso subita negli ultimi decenni, fornendo una definizione ancora oggi universalmente condivisa del c.d. “approccio aperto all’innovazione”.
«L’Innovazione Aperta è un paradigma che afferma che le imprese possono e debbono fare ricorso ad idee esterne, così come a quelle interne, ed accedere con percorsi interni ed esterni ai mercati se vogliono progredire nelle loro competenze tecnologiche.»
L’analisi di Henry Chesbrough
Nella sua analisi, il professore statunitense parte dall’assunto secondo il quale, attualmente, le conoscenze e le competenze utili a produrre innovazione sono ampiamente distribuite e nessuna azienda, indipendentemente dalle sue capacità e dimensioni, è in grado di innovare efficacemente da sola.
Di conseguenza, risulta ormai fondamentale, per le imprese che intendono ottenere un vantaggio competitivo nell’ecosistema dell’innovazione, ammettere che non tutte le idee valide debbano necessariamente essere sviluppate entro i propri confini aziendali e iniziare a coinvolgere ulteriori attori nel processo di sviluppo delle nuove tecnologie, instaurando relazioni di cooperazione con altre aziende del proprio settore, fornitori, università, centri di ricerca e utenti finali.
Open Innovation Vs Closed Innovation
Tale paradigma di Open Innovation costituisce la perfetta antitesi del precedente modello di innovazione, noto con il termine di “Closed Innovation”, che credeva fortemente nella necessità, per le aziende, di “controllare l’innovazione”, monitorando costantemente il processo generativo delle idee esattamente come accadeva per le altre aree (produzione, marketing, distribuzione, ecc.) e sviluppando internamente tutte le tecnologie di cui avevano bisogno.
Da questo punto di vista, l’Open Innovation demolisce l’atteggiamento di diffidenza che le aziende erano solite assumere nei confronti delle tecnologie “not invented here” e ridefinisce i confini dell’utilizzo e della protezione della proprietà intellettuale, aprendo la strada a numerosi nuovi scenari, fino ad allora sconosciuti o paventati dalle aziende più innovative.
Open Innovation in Italia: domande e risposte
L’Open Innovation si configura attualmente come una delle più efficaci opportunità di profitto per le imprese che si occupano di innovazione, come dimostra la sempre maggiore diffusione, negli ultimi anni, di società software, intermediari e consulenti che forniscono prodotti e servizi orientati verso questo paradigma. Ne parliamo con Giuseppe Lorizzo, fondatore e Ceo di Fimap, società di consulenza per startup e pmi innovative che dal 2014 si occupa attivamente di open innovation, innovation advisory, finanza agevolata e europrogettazione.
Quale definizione di Open Innovation possiamo adottare?
Ci viene in aiuto la definizione di Chesbrough: “L’uso di flussi intenzionali di conoscenza in ingresso e in uscita per, rispettivamente, accelerare l’innovazione interna, e espandere i mercati per l’utilizzo esterno dell’innovazione” e sono fermamente convinto che, ormai, sia la sola strada da intraprendere per le aziende che intendono competere efficacemente nel mercato dell’innovazione.
L’Open Innovation si configura come un flusso bidirezionale, in grado di generare reciproci vantaggi alle aziende coinvolte e che racchiude, al suo interno, due diverse tipologie di dinamiche:
- “outside-in process”, in base alla quale le idee e le tecnologie provenienti dall’esterno vengono convogliate all’interno del processo di innovazione di un’impresa;
- “inside-out process”, per la quale le idee e le tecnologie prodotte internamente da un’azienda, ma non utilizzate o sottoutilizzate dalla stessa, possono essere esternalizzate e incorporate nei processi di innovazione di altri soggetti.
In entrambi i casi, l’obiettivo dell’innovazione aperta è la diffusione collaborativa della conoscenza, al fine di produrre idee innovative che possano essere reciprocamente integrate con i prodotti/servizi già esistenti all’interno delle aziende per co-creare nuova conoscenza.
Per meglio comprendere la centralità dei processi ed il loro funzionamento può essere utile descrivere brevemente le modalità attraverso cui tali processi possono essere espletati. L’outside in process, permette l’utilizzo di conoscenze e tecnologie esterne all’impresa nei processi innovativi svolti all’interno. La loro realizzazione richiede di cimentarsi in percorsi di exploration il cui risultato porterà ad attività di license-in e spin in. Instaurare relazioni con soggetti esterni è fondamentale per aver accesso alle loro competenze e per incanalarle all’interno dell’organizzazione, cercando così di innovare facendo leva su tecnologie e studi altrui. L’inside out process permette invece l’utilizzo all’esterno di tecnologie/innovazioni non core, sviluppate internamente all’azienda attraverso percorsi di exploitation che porteranno ad attività di license out e spin out raggiungendo così il duplice obiettivo di commercializzare le opportunità di innovazione sviluppate internamente ed instaurare relazioni strategiche per lo sviluppo futuro dell’impresa.
Quali sinergie si possono attivare tra grandi aziende, incubatori, università e startup che hanno sviluppato soluzioni ad alta tecnologia?
L’approccio aperto all’innovazione demolisce le logiche aziendali del passato. Le imprese consolidate, ad oggi, non risultano più integrate verticalmente e del tutto dipendenti dai propri reparti interni di R&S per l’elaborazione di soluzioni innovative ma, al contrario, si dimostrano aperte all’acquisizione di innovazione “esternalizzata” da altri soggetti, che possono essere imprese altrettanto solide sul mercato, startup meno strutturate ma con un altrettanto elevato potenziale innovativo, centri di ricerca e università.
L’adozione di una strategia di Open Innovation per un’impresa è strettamente correlata al proprio modello di business, in base al quale essa decide se la collaborazione con una determinata azienda possa rispondere o meno alle proprie esigenze di innovazione e rappresentare un valore aggiunto per la propria crescita sul mercato. Al contempo, i modelli di business improntati sull’Open Innovation devono riflettere una cultura aziendale flessibile, aperta alle contaminazioni e orientata alla collaborazione interfunzionale e interorganizzativa.
Come lavori per attivare connessioni in ottica di open innovation?
Il primo passo che FIMAP ha fatto, al fine di creare un modello di open innovation sostenibile, è stato quello di creare una rete di contatti. Non solo con le startup ma anche con grandi aziende, enti e istituzioni capaci di collaborare tra loro.
La creazione di una rete di partnership solide nei campi dell’innovation technology, della ricerca e della finanza tra tali soggetti va a creare un matching con il portfolio di startup innovative selezionate con il nostro “innovation radar”, il framework sviluppato da Fimap che punta a facilitare l’incontro tra nuove soluzioni e startup innovative e la crescente domanda di innovazione da parte delle imprese, per creare nuove opportunità di business.
L’Innovation Radar di Fimap è il primo strumento che sviluppa l’open innovation in maniera integrata con la finanza agevolata (“co-founded open innovation”).
Dopo aver creato le connessioni infatti, ci occupiamo di dirigere i processi di sviluppo dei progetti innovativi e di accelerare la scalabilità dell’innovazione dialogando con i diversi soggetti ma anche integrando la strategia con la finanza agevolata e l’innovation financing a 360 gradi.
Grazie a FIMAP sono nate diverse collaborazioni e sinergie fra grandi imprese e startup presenti nel nostro portfolio.
Nell’ultimo anno abbiamo messo a segno numerose collaborazioni vincenti. Fra queste, l’esempio di eccellenza è quello riguardante la sinergia tra una startup nostra cliente e una multinazionale IT.
In base a quali criteri vengono valutate le startup innovative incluse nel network di Fimap?
Nei processi di valutazione delle start up innovative, è fondamentale considerare una molteplicità di variabili economiche e non solo, che permettono di inquadrare perfettamente non solo il potenziale di un’idea, ma anche di identificare i mercati di riferimento e l’impatto che è possibile generare in tali mercati.
Elemento fondamentale di valutazione è il valore della startup che, una volta individuato diviene elemento centrale. L’obiettivo di Fimap è proprio quello di incrementare tale valore, attraverso il cumulo dei flussi generati da strumenti quali il credito d’imposta, finanza agevolata e leva (garantita all’80% dallo stato), i cui effetti possono essere amplificati nel momento in cui si reputa maturo introdurre la startup all’interno di un “network di conoscenze” costituito da PMI e Grandi Imprese e all’interno del quale è possibile lo sviluppo di importanti progetti innovativi.
A questo proposito, l’attività di pianificazione anticipata e di creazione di una road map pluriennale è di primaria importanza, per una analisi di medio-lungo periodo. Fimap ha l’obiettivo di diventare un vero e proprio “mentor” per la startup ed accompagnarla lungo il percorso di crescita e scalabilità fondamentale per raggiungere la solidità di una corporation ed un alto grado di agilità e innovatività.
Guidare un processo di Open Innovation significa anche prevenire i potenziali rischi che derivano dall’applicazione di questo paradigma. Da questo punto di vista, Fimap si incarica di coordinare le complesse attività di natura organizzativa, gestionale e finanziarie, potenziando l’approccio di un’efficace strategia “win-win”.
L’Open innovation è in contrasto con la proprietà intellettuale delle soluzioni ideate/sviluppate?
Nonostante l’Open Innovation sembri essere un concetto del tutto antitetico rispetto alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, progettati proprio per escludere gli altri dall’uso di un’idea o un’invenzione, sarebbe troppo semplicistico affermarlo. Si tratta, piuttosto, di un approccio diverso alla sua gestione.
Negli ultimi anni, infatti, sta progressivamente venendo meno la pratica aziendale che prevedeva la protezione spasmodica della proprietà intellettuale, contornata da forti restrizioni normative e si sta diffondendo una strategia di tutela più collaborativa basata su compravendita e acquisizione di licenze e brevetti, stipula di contratti di ricerca, realizzazione di consorzi e reti di imprese.
Ovviamente dipende poi dai settori e verticali di riferimento nei quali si opera, ad esempio nell’health è più richiesta una IPR internazionale a differenza di altri settori.
Cos’è l’innovazione nel 2020 e che ruolo ha l’open innovation?
Uno dei settori che attualmente possiede il più elevato potenziale innovativo è sicuramente quello dell’health. In particolare, i trend del prossimo triennio individuano importanti prospettive di crescita nello specifico segmento della salute digitale, un mercato caratterizzato dall’integrazione delle più avanzate tecnologie di intelligenza artificiale, algoritmi di machine learning e data mining nell’ambito dei servizi sanitari, con l’obiettivo di elaborare modelli predittivi sempre più precisi, ridurre i costi e ottimizzare le performance delle strutture ospedaliere.
In termini di fatturato, si prevede che il mercato globale della salute digitale genererà più di 400 miliardi entro la fine del 2024, con un tasso di crescita annuale del 19,35%. (fonte: Building the Hospital of 2030, report di Aruba, a Hewlett Packard Enterprise company, 2018).
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