Open Innovation e Proprietà Intellettuale

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L’open innovation impone di ripensare la tutela della proprietà intellettuale in un’ottica di diffusione dei risultati della ricerca e di mercato della tecnologia.

Proprietà intellettuale e open innovationOpen Innovation Vs “closed innovation”: cosa cambia per la proprietà intellettuale

L’Open Innovation si discosta sensibilmente dal modello pregresso della “Closed Innovation”.

Nel modello closed:

  • l’attività di R&S è condotta solamente all’interno dell’azienda stessa, da personale dipendente.
  • I processi di produzione del prodotto sono confinati nel perimetro dell’impresa.
  • Anche le strategie organizzative e i piani di commercializzazione sono sviluppati da risorse prettamente interne.

Ciò ha comportato in passato un utilizzo diffuso degli strumenti tradizionali posti a tutela delle invenzioni/innovazioni. Le leggi sulla proprietà intellettuale per definizione sono state poste a tutela di risorse disponibili, ma scarse.

L’idea prevedeva il manipolare beni accessibili a tutti e renderli artificialmente scarsi tanto da definirli proprietà di qualcuno.

In questo contesto di chiusura, l’unico modo per un’azienda di poter utilizzare una tecnologia proveniente da terzi era l’acquisto del brevetto.

Il brevetto ha una durata ventennale, è quindi una sorta di monopolio assoluto e duraturo sui settori oggetto dell’innovazione tutelata. Tale processo assicurava la proprietà esclusiva dell’innovazione all’ideatore, permettendo lo sfruttamento economico solo da parte del proprietario e dei licenziatari.

La proprietà intellettuale fa perno su titoli di forza consistenti nel diritto esclusivo di realizzare il prodotto, di disporne e di commercializzarlo, vietando tali attività a soggetti non autorizzati. Solo allo scadere del periodo di tutela era possibile per altri imprenditori replicare una tecnologia o innovarla.

Gli svantaggi competitivi nel modello closed

Questo comportava un notevole ritardo nell’avanzamento del progresso evitabile semplicementefacendo ricorso alla collaborazione fra imprese, professionisti e ricercatori, sono state  rallentate.

Altro problema sono i cosiddetti submarine patents, ovvero domande di brevetto che impiegano anni prima di essere esaminate dall’Ufficio competente. Una fonte di preoccupazione per le grandi imprese, che rischiano di violare inconsapevolmente qualche privativa altrui e di essere perciò assoggettate ad ingenti multe per risarcire il danno.

Proprietà intellettuale e Open Innovation

Gli Intellectual Propriety Rights, generalmente progettati per escludere gli altri dall’uso di un’idea o di una invenzione, sembrerebbero essere incompatibili con l’Open Innovation ad un primo approccio. In verità, l’OI non li esclude. Pretende tuttavia una maggiore consapevolezza degli strumenti di tutela della proprietà intellettuale.

Il corretto collocamento di un’invenzione o tecnologia, quando viene applicato con successo un brevetto, aiuta infatti a migliorare e strutturare la formazione di accordi e/o collaborazioni tra un vasto numero di operatori economici, promuovendo lo sviluppo esponenziale dell’innovazione.

I mezzi posti a tutela della proprietà intellettuale sono:

  • Brevetti per invenzione industriale;
  • Brevetti per modelli di utilità;
  • Registrazione del designo modello industriale;
  • Diritto d’autore o Copyright;
  • Marchi;
  • Segreti industriali e commerciali.

L’Open Innovation, per definizione, prevede il ricorso ad attività di collaborazione e partnership che consentono l’accesso a tecnologie innovative sviluppate da terzi, dando vita ad un network tra imprenditori, ricercatori, Spin off universitari, imprese ed Enti.

Il modo di fare innovazione al giorno d’oggi, può essere definito con le parole di Shapiro “Cumulative Innovation”, ovvero un sistema più dinamico, che consente il ricorso a strumenti flessibili, prevedendo

la possibilità di acquistare licenze, ottenere e utilizzare innovazioni altrui protette da IP Rights e di paths to market di terzi, nonché di sfruttare i propri IP Rights e i propri paths to market per licenze o accordi con terzi, monetizzandoli in un ridotto lasso di tempo.

Diventa così possibile:

  • combinare idee interne e esterne all’azienda
  • utilizzare modelli di business che permettano di generare valore
  • immettere sul mercato prototipi realizzati all’interno di un’impresa, che non sono utili solo per quell’impresa stessa e perciò generare surplus di valore.

Questo trend ha così superato la struttura “ad imbuto”, caratteristica del precedente modello “closed”, ha indotto le imprese ad aprire i propri confini aziendali, convogliando il maggior numero di informazioni e innovazioni disponibili sul mercato.

Negoziazione e mercato della proprietà intellettuale

Le aziende hanno aumentato il networking con partner e competitor, facendo ricorso agli strumenti attraverso i quali è possibile attivare sinergie di open innovation come:

  • M&A
  • Venture Capital
  • Corporate Venture Capital
  • spin off
  • incubatori d’impresa o acceleratori d’impresa
  • Out posts o Business Angel activity.

La concessione in licenza di un brevetto ad un’impresa spin-off opera parallelamente all’ingresso sul mercato del prodotto attraverso canali di marketing e vendite dell’impresa licenziante. Esempi paradigmatici di questa struttura “aperta” sono IBM, Intel e Procter and Gamble (P&G).

La proprietà intellettuale non è quindi nemica del paradigma dell’Open Innovation e anzi rappresenta un elemento essenziale del sistema, consentendo di incorporare un’idea e renderla commercializzabile.

Fondamentale è l’interpretazione che si dà in questo contesto degli IPR, gestiti in modalità proattiva. Sono cioè oggetto di scambio, si dà luogo ad un vero e proprio mercato della tecnologia.

Questo modello economico ha consentito il proliferare di imprese nella forma di Startup. Imprese che non avrebbero potuto vedere la luce e svilupparsi in un contesto dove era necessario fare ricorso ad ingenti capitali, fondamentali, non solo per lo sviluppo di nuove tecnologie, ma anche per brevettare tali tecnologie e difendersi da violazioni di copyright da parte di competitor.

Non è da sottovalutare la possibilità di ricorrere agli IPRs per negoziare licenze incrociate con altri concorrenti del settore che detengano tecnologie complementari, evitando così controversie.

In chiave di Open Innovation le imprese possono ottimizzare i propri investimenti:

  • mediante l’inbound innovation riescono ad acquisire risorse, informazioni e altre fonti di conoscenza utili per generare innovazione, senza dover però sostenere costi eccessivi, dal momento che non si trovano costretti a dover investire ingenti somme nella ricerca.
  • mediante l’outbound innovation che consente alle imprese che hanno scelto di investire in R&S, che tuttavia non hanno potuto incorporare e sfruttare tutti i risultati nella propria produzione, di recuperare parte di tali investimenti, offrendo sul mercato il surplus che altrimenti resterebbe “on the shielf”.

Pertanto, il brevetto coadiuva queste strategie con i suoi punti di forza.  Essendo una figura fortemente armonizzata a livello internazionale, può godere già di un apparato normativo consolidato, che evita molti problemi di incompatibilità fra ordinamenti, facilitando la comunicazione e i rapporti tra imprese localizzate in diversi Stati sottoposte a differenti legislazioni.

Nuovi strumenti di tutela

I nuovi strumenti di tutela della proprietà intellettuale che operano con maggiore complementarietà con l’open innovation sono:

  1. Patent pool, ovvero un consorzio di almeno due compagnie che si accordano per scambiarsi licenze brevettuali, relative ad una particolare tecnologia;
  2. Cross-licensing, ovvero un contratto tra due o più parti in cui ciascuna parte concede i diritti di proprietà intellettuale alle altre parti;
  3. Semi-Patent e Quasi-Patent, sono i “partial patens” ovvero figure ancora teoriche nell’ambito della disciplina sui brevetti che potrebbero mitigare i costi dei brevetti tradizionali sugli inventori futuri e quindi aprire la strada a una maggiore innovazione.

Interessante è anche la disciplina legata al know-how.

Calato nell’ambito delle informazioni aziendali segrete è definito dall’art. 1 Reg. (CE) n. 772/2004 della Commissione Europea, si riferisce al “patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove”.

Il know-how può essere:

  • tecnologico
  • commerciale
  • finanziario
  • strategico.

Le caratteristiche principali sono:

  • la segretezza;
  • la sostanzialità, come utilità diretta o indiretta per i competitor;
  • l’identificabilità del prodotto.

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